giovedì 1 dicembre 2011

Laicità in libreria

Il Libro del mese
a cura di Giorgio Tourn

Massimo TEODORI, Risorgimento laico, Gli inganni clericali sull’unità d’Italia, Soveria Mannelli, Rubettino, 2011, pp. 170
Ermanno REA, La fabbrica dell’obbedienza. Il lato oscuro e complice degli italiani, Milano Feltrinelli, 2011, pp.220

I libri meritevoli di riflessione che è il caso di segnalare sono molti, i due che presentiamo ci paiono di particolare interesse perché pongono all’attenzione dei lettori un problema di peso, che incide tuttora profondamente nella vita del nostro paese. Come si evince facilmente dai titoli si tratta del profondo squilibrio che si è venuto creando nella vita italiana a tutti i livelli fra le realtà che la compongono. La società moderna è infatti assai più complessa di quanto apparisse all’epoca dell’Encyclopédie e l’equilibrio fra i tre poteri legislativo, esecutivo, giudiziario ipotizzato da Montesquieu non basta a garantire la buona salute di una nazione. Quando poi accade come nell’attuale situazione che quell’equilibrio sia stravolto non si può neppure più parlare di società moderna. Fra gli elementi determinanti del vivere moderno di una società equilibrata stanno altre realtà: l’opinione pubblica, le associazioni dei cittadini, le chiese. Ottimale è la situazione in cui tutte queste componenti concorrono a realizzare un piano, un progetto di vita comune.
Nel caso italiano la chiesa romana, si è invece costantemente sottratta a questo impegno comune, perseguendo un proprio progetto, quello di una "società cristiana", che nell’impostare la sua vita segue le norme della fede cristiana identificate spesso con le direttive della chiesa stessa.
È stato questo problema che ha accompagnato tutto il Risorgimento italiano e che Teodori illustra molto sinteticamente nel suo libro. In capitoli brevi e di piglio giornalistico vigoroso, nello stile del pamphlet, ripercorre la vicenda risorgimentale in una catena di figure simboliche dell’Italia laica, da Cavour a Garibaldi e la repubblica romana, da Cattaneo e Cavallotti, da Nathan ad Amedola inanellando citazioni programmatiche "I preti non bisogna provocarli, o bisogna vincerli!" (Cavour dibattito sulle leggi Siccardi)", "A creare questa nostra Italia fu d’ostacolo il cattolicesimo" (Omodeo), "Attraverso i secoli lo svolgersi dello spirito nazionale d’Italia fu sempre antipapale e anticlericale" (Mancini).
Proprio questo "laicismo", dicono papa Benedetto e Curia romana, ha distrutto l’identità italiana unita dalla fede cristiana e alimentata dalla tradizione educata dalla chiesa, è stato strumento di lacerazione a cui va contrapposta una sana e rispettosa laicità. Questa tesi, che abbiamo letto e udito infinite volte ad opera di autorevoli prelati nell’attuale clima di negazionismo clericale e borbonico del Risorgimento, è proprio quella che il nostro testo smonta senza difficoltà. Lo Stato e la società sono due realtà diverse, nella società possono coesistere laicisti e religiosi, credenti ed atei ma lo Stato è per sua natura areligioso, cioè laico.
Pregio non secondario del volume è la pubblicazione di una serie di testi fondamentali a questo riguardo, dalla Costituzione della Repubblica romana, al noto discorso di Cavour sul tema libera Chiesa in libero Stato, da quello di Nathan a Porta Pia nel 1910 a Benedetto Croce nel 1929 alla firma del Concordato, per chiudere con il presidente Napoletano alle Camere quest’anno.

Questa è la chiesa di Pio IX e dei suoi successori mantenutasi sin qui, sia pure con sfumature diverse, ma l’Italia cattolica integra, cristiana non è invenzione del papato ottocentesco, non è mitologia clericale ma dato di fatto che risale a secoli precedenti, è un’Italia plasmata dalla chiesa con una operazione di educazione retta da una grande visione e da una terribile coerenza. A questa Italia dedica il suo saggio Ermanno Rea. Giornalista di grande maestria, penna acuminata, graffiante, si è cimentato a più riprese con i problemi della società italiana e lo fa anche in questo caso da par suo.
Della situazione in cui si trova l’Italia odierna è responsabile la chiesa romana, che della storia italiana è stata "tutore inflessibile e regista occulto".
Quello che ispira e muove il clericalismo ottocentesco e il suo rifiuto della modernità, del liberalismo democratico, del rinnovamento sostanziale della società è lo spirito della Controriforma che da secoli domina la vita italiana. Si tratta di una tesi storiografica che ha avuto larga diffusione nella cultura italiana ed ha trovato rispondenza negli ambienti più diversi, del protestantesimo europeo (Sismondi e la sua Histoire des républiques italiennes) dei laici (Mazzini e libero pensiero), filosofico (Spaventa e l’Idealismo), tesi che le analisi puntuali della scuola di Adriano Prosperi hanno riproposto con documentazione difficilmente confutabile.
Tesi contrastata invece, come già detto, da parte clericale, che individua nella fede cattolica l’identità del popolo italiano.
Ma il nostro autore l’approfondisce e ne coglie le articolazioni, allargandone la portata alla società stessa; come dice il sottotitolo: l’italiano non diventa cittadino ma permane servo obbediente, è l’uomo della vita doppia, del comportamento egoistico, che sentendosi perennemente vittima dei un potere altro da sé, si auto assolve non assumendo mai le sue responsabilità.
Che si debba attribuire alla chiesa della Controriforma la responsabilità di aver plasmato, plagiato il carattere degli italiani, è molto probabile, ma può l’italiano oggi dirsi solo vittima dell’educazione clericale o non anche, come dice il nostro testo, complice di questo lato oscuro della sua cultura? Oggi non esiste più il tribunale della coscienza ma forse è comodo continuare a credere che ci sia.
In questo intreccio di poteri e sudditanze, ricatti e conformismi, laicismi e clericalismo come si deve collocare una presenza di cristianesimo evangelico? Non è mistero che la sua posizione è sempre stata difficile e tale permarrà in futuro: cristiani sì ma non clericali, rifiutano la politica compromissoria della Chiesa e rivendicano la loro liberà di espressione in uno Stato laico; d’altra parte però, come credenti in Gesù Cristo, non fanno della ragione e del libero pensiero il valore assoluto del vivere. Come cittadini chiedono allo Stato di garantire la libertà e l’eguaglianza di tutti, nel rispetto degli altri, come credenti auspicano che la Chiesa riscopra la sua identità di testimone dell’Evangelo sciogliendo i suoi legami (i suoi concordati) con i governi. Ma è questo discorso comprensibile agli italiani? Si stenta a crederlo anche se si continua a proporlo.
6 ottobre 2011

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